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Le particelle elementari

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Un libro, questo, assai controverso, ha numerosi estimatori, così come altrettanti detrattori, ne è stato anche tratto un film, ma alcuni si ostinano a considerarlo pornografico. Pubblicandolo l’autore si è attirato le antipatie di molti, così come ha suscitato l’ammirazione di molti altri. Per quanto mi riguarda confesso da subito una incondizionata ammirazione per il libro, per come è scritto e, soprattutto, per l’argomento che prende in esame e per come lo fa, con quale sguardo lucido e disincantato, originale e fuori da qualsivoglia schema o coro.

La vicenda copre la vita di due fratelli, Bruno e Michel, figli della medesima, snaturata, madre e di padri differenti, entrambi allevati da un parente, ma se per il primo l’infanzia è stata traumatica e gli ha portato squilibrio ed una bramosia inestinguibile di sesso, per l’altro si è sviluppata in una sfera di algido raziocinio ma scevro di sentimenti. Bruno è l’immaginazione, insegna e tenta di essere scrittore, segue il ventre, l’istinto, Michel è la logica, è uno scienziato, e non gli servono quasi le parole, niente affatto i sentimenti, la logica, ferrea, lo porterà sempre più lontano dal mondo degli uomini. Bruno nel ventre pulsante dell’umanità, Michel in una sfera quasi ultraterrena, sebbene radicata in quanto di più intimo vi è nell’essere umano: il Dna. Attraverso le vite dei due fratelli Houellebecq analizza la parabola della società negli ultimi cinquant’anni, in particolare quella francese, ma l’Europa in generale non sembra aver avuto vita molto diversa. Dalla lettura appare evidente come le scelte, i movimenti della cosiddetta società influenzino le vite dei singoli. Scelte fatte con leggerezza portano a mode, abbracciate dai più, ma nessuno si cura di chi da quelle mode risulta schiacciato. La società va verso la liberazione dei corpi, ma dimentica l’amore, per una parola d’amore non detta o detta in ritardo, qualcuno muore, qualcun altro vede la vita andare a rotoli. L’autore se la prende con tutti i falsi miti o mode degli ultimi cinquant’anni, in particolare i movimenti hippy, newage e di ritorno alla natura, che sembrano coprire un vuoto spaventoso, un disinteresse verso le proprie responsabilità. Mode che compiono una parabola avvitandosi su se stesse sino a generare l’esatto contrario di quel che si prefiggevano. Predicatori dell’amore libero e pacifico si trasformano in assassini efferati, nel voler spingere sempre più su l’asticella del loro record personale nell’essere liberi, più liberi, a scapito di tanti, troppi altri. In tutto ciò neanche la religione si salva, la religione come insieme di riti codificati, di ideologie radicate,  l’unica a salvarsi è la scienza, l’unica che può salvare l’umanità intera, ricreandola emendata dalla caducità della riproduzione sessuata, garantendo così anche la definitiva liberazione dal sesso. Non intesa come liberazione sessuale, ma proprio liberazione dal sesso, e tutti i traumi (e Bruno ne è un esempio) che esso comporta. E il finale fantascientifico con l’eredità spirituale di Michel è al contempo risoluzione delle brutture sollevate durante la narrazione e ulteriore atto di condanna verso alcune mode tanto in voga nei nostri tempi e considerate liberazione.

Un aspetto toccato con vigorìa da Houllebecq è comunque quello della già accennata liberazione sessuale, che tutti credono avvenuta per la facilità con cui si possono avere incontri sessuali, ma nessuno si accorge che dietro la facciata di liberazione vi è una maggior schiavitù dettata dalle mode del momento, come abbigliamento ed atteggiamenti; ma Bruno, sebbene affamato bulimico di sesso, a rapporti multipli preferisce una semplice carezza fatta con affetto.

Il libro mescola, così come negli argomenti, anche nel linguaggio, scienza e filosofia, teorie new age e grandi pensatori del passato, talvolta si concede lunghi periodi, sorta di approfondimenti, di materia scientifica, facendo balenare nella mente del lettore l’Oulipo e le collezioni impossibili di Perec, ma sono solo piccoli frammenti, che rendono la lettura ancor più variegata.

 

Tuttavia capisco come molti possano trovare irritanti certi tratti del libro, o dissentire vigorosamente con le teorie espresse da Houllebecq, io, come già detto non mi sono né irritato né scandalizzato, ma ho trovato la lettura assai interessante, aperta a nuove teorie, anzi creatrice e portatrice di idee inedite. Comunque, oltre i gusti personali o le personali convinzioni ritengo che la lettura di questo libro sia importante per la comprensione dei cinquant’anni di vita appena passata, oserei dire di Storia appena creata. La visione di questo libro sull’ultimo mezzo secolo è assai chiara ed avvincente, non vuole convincere, ma esprime con chiarezza quella che è una interpretazione possibile, certo non l’interpretazione in assoluto, ma una visione chiara ed intelligente, che ci può anche far riflettere.

Al di là delle ideologie e della filosofia contenute nel libro resta un grande lavoro letterario, costruito con maestria dall’autore francese, la trama copre cinquant’anni di esistenze ma non le snocciola come un diario, è costruito in modo sorprendente, usando vari sistemi per costruire i personaggi, il diario, il resoconto, l’articolo che rendono la lettura varia e piacevole. Il linguaggio varia di registro per rendere più reali le situazioni e i personaggi, e da quello elevato scientifico e filosofico vira improvvisamente a quello più crudo da strada, ma senza cadere nella volgarità gratuita o nella pruderie.

Un libro che è sicuramente da leggere, singolare e ben fatto, capace di convincere o deludere, far arrabbiare o essere condiviso, ma in fondo questo è un grande segno di vitalità per un libro. E per concludere, forse al mondo serve solo un po’ di amore in più e un poco di ponderazione da parte di chi può influire sulle vite degli altri, altrimenti uno di quegli infelici troverà il modo di creare una nuova umanità e farà estinguere quella che conosciamo, così come ci appare.

 

P.S. Per chi segue le tracce indicate da Valerio Magrelli col suo “Nero sonetto solubile”, in questo libro troverà la famosa scena in cui Bruno legge “Recueillement” in classe e Ben, dagli ultimi banchi esclama, andandosene,: “ Hei, vecchio mio, hai proprio il principio di morte in testa!....”.


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